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Encicliche e documenti della Dottrina sociale della Chiesa - Quadragesimo anno



L’enciclica che il Sommo Pontefice Pio XI licenziò il 15 maggio 1931 per il quarantesimo anniversario della Rerum novarum è il secondo grande pilastro dell’insegnamento pontificio moderno in materia sociale.


Venne suggerita dalla necessità di far sentire il pensiero della Chiesa di fronte ai molti avvenimenti che avevano profondamente sconvolto la realtà economica, sociale e politica in Europa e nel mondo: la “seconda rivoluzione industriale”, una guerra che aveva causato milioni di morti, immani sofferenze e distruzioni ed alla quale era seguito uno stato di inquietudine sociale e di grandi contrasti nelle masse e la devastante “crisi del 1929”.


Dopo un’importante introduzione nella quale ripercorre le ragioni ed i punti fondamentali della “Rerum Novarum”, senza mancare di ricordare sia le sofferenze e le tragedie del mondo del lavoro che le esitazioni dei cattolici del tempo, Papa Ratti indica le ragioni che hanno mosso questa Enciclica e ricondotte nelle seguenti tre articolazioni.


Nella Parte prima richiama i “Frutti dell’enciclica «Rerum Novarum»” che individua:

a) nell’azione della Chiesa in materia dottrinale e nel campo delle applicazioni pratiche;

b) nell’azione dello Stato;

c) nell’azione delle associazioni operaie, in quelle di categoria e padronali.

Al riguardo tiene ad auspicare che “i lavoratori cristiani stringano tra loro associazioni secondo la varietà dei mestieri” (…) e che “si incoraggiano i sindacati cattolici” anche per superare la situazione di quegli anni che vedeva, in loro mancanza, “i cattolici sono costretti ad iscriversi a sindacati neutri”. Pur con tale assenza, “… in nessun modo però (la Chiesa) può rinunziare all’ufficio da Dio assegnatole, d’intervenire con la sua autorità non nelle cose tecniche, per le quali non ha né i mezzi adatti né la missione di trattare, ma in tutto ciò che riguarda la legge morale”.


Per gli aspetti connessi vi dedica la Parte seconda che esplicita “La dottrina della Chiesa in materia sociale ed economica” analizzando e dando chiare indicazioni sui seguenti cinque punti:

1. diritto di proprietà. Precisando la sua indole individuale e sociale, i doveri inerenti, la natura dei redditi liberi ed i titoli della proprietà, approfondisce, in particolare, i poteri riservati dello Stato in materia: “Non aggravare tanto con le tasse” […] “Quando poi la pubblica autorità mette così d’accordo i privati dominii con le necessità del bene comune, non fa opera ostile ma piuttosto amichevole verso i padroni privati, come quella che in tal modo validamente impedisce che il privato possesso dei beni, voluto dal sapientissimo Autore della natura a sussidio della vita umana, generi danni intollerabili e così vada in rovina; né abolisce i privati possessi, ma li assicura; né indebolisce la proprietà privata, ma la invigorisce”.

2. capitale e lavoro. Dopo aver ricordato le pretese ingiustificate del capitale come quelle dei lavoratori, Pio XI afferma il valore della “giusta ripartizione”: “(…) E’ necessario che le ricchezze, le quali si accrescono di continuo grazie ai progressi economici e sociali, vengano attribuite ai singoli individui ed alle classi in modo che resti salva quella comune utilità di tutti (…) Per questa legge di giustizia sociale non può una classe escludere l’altra dalla partecipazione degli utili (…) A ciascuno dunque si deve attribuire la sua parte di beni e bisogna procurare che la distribuzione dei beni creati, la quale ognuno oggi vede quanto sia causa di disagio per il grande squilibrio fra i pochi straricchi e gli innumerevoli indigenti, venga ricondotta alla conformità con le norme del bene comune e della giustizia sociale”.

3. elevazione del proletariato. Pur prendendo atto della migliore e più equilibrata condizione degli operai registrata negli ultimi tempi, l’Enciclica non manca di denunciare che “è cresciuta smisuratamente la moltitudine dei proletari bisognosi” come pure quella dei braccianti agricoli e, pertanto, di auspicare l’accesso del proletariato alla proprietà.

4. giusto salario. Per tale deve intendersi una retribuzione utile al sostentamento dell’operaio e della sua famiglia, tenendo conto della situazione dell’azienda e delle esigenze del bene comune come pure -e saggiamente- della “Giusta proporzione tra i salari con la quale va strettamente congiunta la giusta proporzione dei prezzi” e che, comunque, possa servire ad accedere alla proprietà privata.

5. ordine sociale. Sotto questo aspetto “… quasi estinta l’antica ricca forma di vita sociale, svoltasi un tempo mediante un complesso di associazioni diverse, restano di fronte quasi soli gli individui e lo Stato” mentre invece, secondo Papa Pio XI, appare necessario valorizzare uno dei cardini della Dottrina sociale della Chiesa, la sussidiarietà “perché l’oggetto naturale di qualsiasi intervento della società stessa è quello di aiutare in maniera suppletiva le membra del corpo sociale, non già distruggerle ed assorbirle”. In questo nuovo ordine, fondamentale è il ruolo delle Corporazioni “costituite dai rappresentanti dei sindacati degli operai e dei padroni della medesima arte e professione, e, come veri e propri organi ed istituzioni di Stato, dirigono e coordinano i sindacati nelle cose di interesse comune” e, pertanto, “Lo sciopero è vietato; se le parti non si possono accordare, interviene il Magistrato.


La Terza parte dell’Enciclica approfondisce, infine, alcuni dei più importanti effetti conseguenti “Le mutazioni profonde della società dopo Leone XIII”. Per quanto riguarda i regimi economici, Papa Ratti, in particolare, osserva: “Orbene, Leone XIII cercò in ogni maniera di disciplinare questo ordinamento economico, secondo le norme della rettitudine; sicché è evidente che esso non è in sé da condannarsi. E, infatti, non è di sua natura vizioso: allora però viola il retto ordine, quando il capitale vincola a sé gli operai ossia la classe proletaria col fine e con la condizione di sfruttare a suo arbitrio e vantaggio le imprese e quindi l’economia tutta, senza far caso, né della dignità umana degli operai, né del carattere sociale dell’economia, né della stessa giustizia sociale e del bene comune” , mentre, per quanto riguarda il socialismo, dopo aver preso atto della differenza tra il “socialismo più violento o comunismo” ed il “socialismo più mite” precisa il pensiero della Chiesa sulla “lotta di classe” ed ai rapporti tra socialismo e cristianesimo ed, in ordine alla“diserzione dei cattolici verso il socialismo” rivolge il “paterno invito a ritornare”. In questa stessa sezione vengono anche evidenziati “i gravissimi danni morali e spirituali provocati dall’attuale regime economico” conseguenti alla riforma dei costumi per “sete insaziabile di ricchezze e di beni temporali” ed individua “i rimedi” nella cristianizzazione della vita economica e nella legge della carità, indicando, pertanto, la strategia di una presenza di credenti nel mondo del lavoro. Pertanto “È necessario anzi tutto scegliere nel loro seno e formare ausiliari della Chiesa, che ne comprendano lo spirito e i desideri e sappiano parlare ai loro cuori con senso di fraterno amore. I primi ed immediati apostoli degli operai devono essere operai; industriali e commercianti gli apostoli degli industriali e degli uomini di commercio”. E, conseguentemente, l’appello ai sacerdoti: “Un’opera certamente ardua s’impone ai sacerdoti, e per sostenerla, tutti quelli che crescono alle speranze della Chiesa, debbono venirsi preparando con lo studio assiduo delle cose sociali”.


La Benedizione finale di Papa Ratti:  “E perché così felicemente avvenga, a Voi tutti, venerabili Fratelli e diletti figli, quanti fate parte dell'immensa famiglia cattolica a Noi affidata, ma con un particolare affetto del Nostro cuore agli operai e a quanti altri lavorano nelle arti manuali, dalla divina Provvidenza a Noi più vivamente raccomandati, come pure ai padroni ed imprenditori cristiani, impartiamo con paterno amore l'Apostolica Benedizione.”




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